Madre Tarcisia Vasciaveo

fondatrice delle Suore Domenicane del SS. Sacramento

e il suo vissuto spirituale

 

Giovanetta, Ripalta cominciò a frequentare la vicina chiesa di S. Domenico dove conobbe don Antonio Palladino a cui si rivolse, dal 1912, anche per la direzione spirituale. Più che normale che ne mutuasse, gradualmente, l’impostazione spirituale.

 

Don Antonio Palladino, non si sa quanto consapevolmente, aveva un vissuto spirituale segnato dalla Scuola francese oratoriana ed imperniato sugli “annientamenti del Verbo”.

 

Probabilmente, la sua formazione all'Apollinare a Roma, aveva segnato in tali termini la sua vocazione spirituale e a tale prospettiva aveva associato il valore riparatore del culto eucaristico al S. Cuore sulla falsariga delle rivelazioni della Visitandina S. Maria Alacoque. 

 

 

Al seguito della beatificazione di Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo, il 29 Aprile 1923, venne anche assunta dalla carmelitana francese l’aspetto più divulgato dalle sorelle della sua avventura spirituale: l’infanzia spirituale.

 

Su questi cardini don Palladino impostò la propria vita spirituale e su tali modellò il cammino spirituale delle sue discepole, a partire da Ripalta Vasciaveo, secondo uno schema di accompagnamento spirituale fortemente direttivo, imperniato su una ricerca accentuata dell'umiliazione e dalla dipendenza in ogni scelta e in un vissuto ascetico a tutta prova, secondo i canoni della vita devota del tempo.

 

Questa fu la traccia che usò Ripaltà insieme alle sue sorelle, anche nella rilettura del carisma domenicano alla base del nuovo Istituto delle Domenicane del SS. Sacramento.

 

Il Diario della Vasciaveo, unica testimonianza complessiva autografa rimasta, rivela che la giovane suora ebbe il dono di una vera vita mistica che fu incanalata in un vissuto virtuoso segnato dalla spiritualità dell'immolazione, scelto dai suoi confessori e da lei serenamente accolto.

 

Nel corso della sua vita ebbe molto a soffrire sia in ordine al discernimento della sua vocazione, combattuta com'era nell'attrazione verso una completa vita contemplativa e le esigenze drammatiche sia in ordine alla povertà che all'istruzione dei bambini e particolarmente delle bambine della sua terra. 

 

Non semplice fu l'accoglienza della malattia tubercolare sempre più grave in una giovane che appariva forte e robusta per struttura fisica e godeva di un trattamento di vitto e alloggio proprio di una classe benestante.

 

Alla prova fisica si associarono varie prove spirituali determinate sia dalle incomprensioni con le consorelle e con la sorella che guidava le esigenze pratiche dell'Istituto, sia l'impostazione fortemente introspettiva della sua vita (così come impostata dai direttori) che le faceva temere continuamente una risposta inadeguata ai doni della Grazia.

 

Evidente dal Diario il fatto che ella sperimentò la presenza di varie locuzioni interiori e che dovette inoltrarsi in una via di intercessione e aridità in cui fattori umani e spirituali si intersecarono, aprendole un itinerario spirituale che richiese una misura non comune di esercizio delle virtù teologali (fede, speranza e carità) e cardinali (fortezza, giustizia, prudenza e temperanza) tutto da esplorare e valorizzare.